venerdì 26 luglio 2013

Non c’è pace per Sulmona (e per l’Abruzzo)

Il Governo ha impugnato oggi la legge della Regione Abruzzo 7 giugno 2013, n. 14, con cui si è disposto quanto segue: “La localizzazione e la realizzazione di centrali di compressione a gas è consentita al di fuori delle aree sismiche classificate di prima categoria, ai sensi della vigente normativa statale, nel rispetto delle vigenti norme e procedure di legge, previo studio particolareggiato della risposta sismica locale attraverso specifiche indagini geofisiche, sismiche e litologiche di dettaglio”.

L’impugnativa arriva a poco meno di un mese dalla sentenza della Corte costituzionale, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3 della legge della Regione Abruzzo 19 giugno 2012, n. 28, che stabiliva: “1. Al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 dell’art. 1, nel rilascio, da parte della Regione Abruzzo, dell’intesa ai sensi del comma 5 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, come integrato dal d.lgs. 27 dicembre 2004, n. 330, la localizzazione e la realizzazione di oleodotti e gasdotti che abbiano diametro superiore o uguale a 800 millimetri e lunghezza superiore a 40 km e di impianti termoelettrici e di compressione a gas naturale connessi agli stessi, è incompatibile nelle aree di cui alla lettera d), del comma 2, dell’art. 1 [aree sismiche classificate di prima categoria]. 2. Per la localizzazione e la realizzazione delle opere di cui al comma 1, ricadenti nelle aree di cui alla lettera d), del comma 2, dell’art. 1, la Regione nega l’intesa con lo Stato e si applicano le procedure di cui al comma 6 dell’art. 52-quinquies del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. 3. La Regione nega, altresì, l’intesa qualora si tratti di opere in contrasto con il Piano regionale di Tutela della Qualità dell’Aria, approvato con Delib. C.R. n. 79/4 del 25 settembre 2007»”.

Di seguito il testo della delibera del Consiglio dei ministri:


“La legge Regione Abruzzo 7 giugno 2013, n. 14, è censurabile relativamente alla norma contenuta nell’art. 2 , che inserisce l’art.1 ter alla l.r. 1° marzo 2008, n. 2 (localizzazione e realizzazione delle centrali di compressione a gas).
Tale norma testualmente recita: “La localizzazione e la realizzazione di centrali di compressione a gas è consentita al di fuori delle aree sismiche classificate di prima categoria, ai sensi della vigente normativa statale, nel rispetto delle vigenti norme e procedure di legge, previo studio particolareggiato della risposta sismica locale attraverso specifiche indagini geofisiche, sismiche e litologiche di dettaglio”.
La previsione regionale dunque subordina la localizzazione e la realizzazione di centrali di compressione a gas ad uno “studio particolareggiato della risposta sismica locale attraverso specifiche indagini geofisiche, sismiche e litologiche di dettaglio”.

La disciplina relativa alla localizzazione di impianti a gas rientra nella materia "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia", assegnata dall’articolo 117, comma terzo della Costituzione, alla potestà legislativa concorrente Stato/Regioni.

Nell’esercizio della sua potestà legislativa, lo Stato ha fissato i principi fondamentali in materia di localizzazione di impianti energetici con la l. 23 agosto 2004, n. 239 (“Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”). Tale legge determina, altresì, quelle disposizioni per il settore energetico che contribuiscono a garantire la tutela della concorrenza, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica, la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema al fine di assicurare l’unità giuridica ed economica dello Stato e il rispetto delle autonomie regionali e locali, dei trattati internazionali e della disciplina comunitaria.

L’art. 1, co. 4, di tale legge prevede che “Lo Stato e le regioni, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l’energia nelle sue varie forme e in condizioni di omogeneità sia con riguardo alle modalità di fruizione sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe e al conseguente impatto sulla formazione dei prezzi, garantiscono: (…) d) l’adeguatezza delle attività energetiche strategiche di produzione, trasporto e stoccaggio per assicurare adeguati standard di sicurezza e di qualità del servizio nonché la distribuzione e la disponibilità di energia su tutto il territorio nazionale;” nonché “f) l’adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole regioni, prevedendo eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale (…)”.

L’art. 1, co. 3, l. n. 239/2004, inoltre, chiarisce che il conseguimento dei suddetti obiettivi generali di politica energetica è assicurato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione, dallo Stato, dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, dalle regioni e dagli enti locali. In particolare, secondo il co. 7 dello stesso articolo, spetta allo Stato, anche avvalendosi dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, “l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti” (lettera g), e allo Stato “l’individuazione, di intesa con la Conferenza unificata, della rete nazionale di gasdotti” (co. 8, lett. b), n. 2).

Gli art. 29, co. 2, lett. g), D. Lgs. n. 112/98 e art. 52-quinquies D.P.R. 327/2001, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuiscono nella materia di cui si tratta un potere autorizzatorio allo Stato, riconoscendo quindi all’amministrazione statale “una competenza amministrativa generale e di tipo gestionale” a fronte di esigenze di carattere unitario.

Il necessario coinvolgimento delle Regioni di volta in volta interessate è attuato dal D.P.R. 327/2001 mediante quello strumento particolarmente efficace costituito dall’intesa in senso “forte”, la quale assicura una adeguata partecipazione di queste ultime allo svolgimento del procedimento incidente sulle molteplici competenze delle amministrazioni regionali e locali.

La disposizione regionale in esame, subordinando la realizzazione e la localizzazione di centrali di compressione a gas ad uno previo “studio particolareggiato della risposta sismica locale attraverso specifiche indagini geofisiche, sismiche e litologiche di dettaglio” detta una disciplina di dettaglio che finisce per porre limiti stringenti alla localizzazione di oleodotti e gasdotti di interesse nazionale e ne impedisce di fatto la realizzazione su larga scala. Pertanto, si pone in contrasto con i principi generali in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” di cui all’art. 1, commi 3, 4, 7 e 8, della l. 239/2004, sopra brevemente richiamati, ed in violazione dell’art. 117, co. 3 della Costituzione.

Inoltre, la norma regionale in esame si pone in contrasto con l’art. 118 della Costituzione dal momento che interferisce indebitamente con l’esercizio di funzioni amministrative che il legislatore nazionale ha attribuito alla primaria competenza statale, e che attengono alla sicurezza dell’approvvigionamento. Gli art. 29, co. 2, lett. g), D. Lgs. n. 112/98 e art. 52-quinquies D.P.R. 327/2001, infatti, attribuiscono nelle attività inerenti la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia un potere autorizzatorio allo Stato. In particolare, l’art. 29 del D.Lgs. 112/1998 al comma 1 dispone che sono “conservate allo Stato le funzioni e i compiti concernenti l’elaborazione e la definizione degli obiettivi e delle linee della politica energetica nazionale, nonché l’adozione degli atti di indirizzo e coordinamento per una articolata programmazione energetica a livello regionale”. Al comma 2, lettera g), inoltre, si chiarisce che sono conservate allo Stato le funzioni concernenti “la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici (…) le altre reti di interesse nazionale di oleodotti e gasdotti”. La norma regionale censurata, dunque, si presenta invasiva rispetto alle funzioni amministrative che la legge riserva alla competenza statale.

La norma regionale in esame si pone altresì in contrasto con l’art. 117, co. 2, lettera m) della Costituzione (“determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”) in quanto, finendo per ostacolare lo sviluppo della rete dei gasdotti di interesse nazionale, e con essa l’efficiente erogazione di gas, può determinare l’impossibilità di provvedere alle esigenze fondamentali dei cittadini.

Inoltre, la disposizione è invasiva della competenza legislativa esclusiva statale in materia di “ordine pubblico e sicurezza” di cui all’art. 117, co. 2, lettera h). L’intervento legislativo regionale, che è finalizzato a condizionare, finendo per impedire, la realizzazione di infrastrutture energetiche localizzate in aree sismiche, appare sorretta principalmente da ragioni di sicurezza consistenti, da un lato, nella volontà di limitare eventuali danni all’incolumità pubblica e al territorio che il danneggiamento dei gasdotti provocato da un sisma potrebbe causare, dall’altro, nel tentativo di ridurre lo stesso rischio sismico. Così facendo la norma regionale in esame invade un ambito materiale, quello dell’«ordine pubblico e della sicurezza» che la Costituzionale riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

La Corte Costituzionale, con la recentissima sentenza n. 182/2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di norme della legge della Regione Abruzzo n. 28 del 2012, che erano state impugnate dal Governo per motivi analoghi.
In particolare, la Corte nell’accogliere i motivi di impugnativa ha precisato che in materia di localizzazione di impianti di oleodotti e gasdotti le norme nazionali di settore (art. 1, commi 7, lettera g), e 8, lettera b), n. 2 della legge n. 239 del 2004 e art. 29, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112), “hanno ridefinito, in modo unitario ed a livello nazionale, i procedimenti di localizzazione e realizzazione della rete di oleodotti e gasdotti, in base all’evidente presupposto della necessità di riconoscere un ruolo fondamentale agli organi statali nell’esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere unitario, tanto più valevoli di fronte al rischio sismico.”.
Seppure, come affermato dalla Corte Costituzionale nella medesima sentenza “Tali esigenze unitarie, che si esprimono nelle richiamate norme statali, non possono far venir meno la necessità di un coinvolgimento delle regioni nei suddetti procedimenti. E’ proprio in questa prospettiva che questa Corte ha ravvisato nell’intesa lo strumento necessario ai fini dell’identificazione delle «linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti» , la previsione di una valutazione unilaterale che prescinde dal coinvolgimento dello Stato “sottrae la scelta al confronto – viceversa necessario – tra Stato e Regione, pregiudica l’indefettibile principio dell’intesa e si pone in tal modo in contrasto con i principi fondamentali posti dall’art. 1, comma 7, lettera g), e comma 8, lettera b), n. 2, della legge n. 239 del 2004.”

Tanto si è premesso per evidenziare che l’art. 2 della l.r. n. 14/2013, che inserisce l’ art.1 ter nella l.r. 1° marzo 2008, n. 2 , introducendo una disciplina di dettaglio per la localizzazione di centrali di compressione a gas suscettibile di porre limiti stringenti alla stessa localizzazione di dette centrali di compressione, di interesse nazionale , finisce per impedirne la realizzazione su larga parte del territorio regionale, ponendosi così in contrasto con i principi fondamentali in materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia»contenute nelle sopra citate norme statali, in violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, nonché, con riferimento all’esercizio di funzioni amministrative che il legislatore nazionale ha attribuito alla primaria competenza statale , dell’art.118, primo comma, Cost . La norma regionale inoltre, per le ragioni sopra specificate, intervenendo in materie riconducibili a titoli di competenza esclusiva dello Stato quali l’ordine pubblico e la sicurezza, nonché la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale , viola l’articolo 117, secondo comma lettere h) ed m), Cost.
Per questi motivi la norma regionale deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione”.

giovedì 25 luglio 2013

Il “decreto del fare” e gli ex zuccherifici


La Regione Veneto aveva impugnato dinanzi alla Corte costituzionale l’art. 29 del decreto-legge n. 5 del 2012 (convertito in legge con modificazioni), nella parte in cui – relativamente ai progetti di riconversione del “comparto bieticolo saccarifero” – autorizzava il Comitato interministeriale (composto da diversi ministri: ambiente, lavoro, attività produttive, ecc.) ad adottare “norme idonee nel quadro delle competenze amministrative regionali atte a garantire l’esecutività dei progetti” di riconversione presentati dalle imprese saccarifere e a nominare, nei casi di particolare necessità, “un commissario ad acta per l’attuazione degli accordi definiti in sede regionale con coordinamento del Comitato interministeriale”.
Con sent. 62/2013, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del decreto-legge, nella parte in cui prevede che il potere sostitutivo sia esercitato ricorrendo ad un commissario ad acta, nominato dal Comitato interministeriale. Secondo la Corte, questo tipo di potere sostitutivo “non risponde ai requisiti richiesti dall’art. 120 Cost.”.
Ora, il “decreto del fare” ha modificato l’art. 29 del decreto legge n. 5 del 2012, prevedendo, da un lato, che i progetti di riconversione del comparto bieticolo saccarifero rivestono non più “carattere di interesse nazionale”, ma “carattere di interesse strategico” e, dall’altro, che, al fine di garantire l’attuazione dei progetti di riconversione, il Comitato, in caso di necessità, nomini un Commissario ad acta per l’esecuzione “degli accordi per la riconversione industriale sottoscritti con il coordinamento del Comitato interministeriale”. Questa disciplina è di dubbia legittimità:

1) la previsione del Commissario ad acta da parte del “decreto del fare” viola il giudicato della Corte costituzionale, in quanto reintroduce nell’ordinamento una disposizione dichiarata illegittima dalla Corte;

2) la disciplina della riconversione del comparto bieticolo saccariferio – come posta dal comma 1 dell’art. 29 nella versione che discende da decreto del fare – è presumibilmente illegittima e questo lo si ricava indirettamente dalla stessa sentenza della Corte, ove si dice, appunto, che la questione tocca la materia “agricoltura” riservata alla competenza delle Regioni. Secondo la Corte, l’attrazione in capo allo Stato della competenza in materia di “agricoltura” resterebbe giustificata soltanto a certe condizioni (“valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato proporzionata”, “non affetta da irragionevolezza”: sentenza n. 303/2003). Aver sostituito “interesse nazionale” con “interesse strategico” non sembra, dunque, sufficiente a giustificare l’attrazione della competenza regionale in capo allo Stato. Inoltre, se la Corte non ha dichiarato illegittimo il comma 1 dell’art. 29 è solo in quanto la Regione Veneto aveva posto il problema in relazione alla previsione del Commissario ad acta e non già perché quel comma non fosse di per sé incostituzionale.


ENZO DI SALVATORE

martedì 9 luglio 2013

Un Convegno sull'Ilva di Taranto

Il caso Ilva è diventato un caso emblematico: una sorta di metafora dei tanti problemi che investono l’ambiente. Per questo il prossimo 16 luglio autorevoli studiosi ed esperti si ritroveranno a Teramo: per discutere del problema con competenza e per confrontarsi su questioni che a partire da Taranto toccano i destini dell’ambiente e della salute. Il titolo del Convegno – “Taranto è in Europa! La sentenza della Corte costituzionale sul decreto “Salva-Ilva” e la politica ambientale dell’Unione europea” – sta a suggerire che il caso Ilva rischia di allontanare l’Italia dall’Europa ed anche che la questione tarantina è una questione sì pugliese, sì nazionale, ma soprattutto europea. I lavori si svolgeranno presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Teramo, a partire dalle ore 9.30 e si articoleranno in due sessioni. Nel corso della mattinata si terrà una Tavola rotonda dedicata alla sentenza della Corte costituzionale sul c.d. decreto “Salva-Ilva”. Vi prenderanno parte quattro studiosi, che si confronteranno sulla sentenza e più in generale sul caso “Ilva”. La sessione sarà presieduta dal Prof. Antonio D’Atena, Ordinario di Diritto costituzionale e Presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, al quale saranno affidate anche le conclusioni. La sessione pomeridiana, intitolata “L’ambiente, lo Stato e l’Unione europea: a partire da Taranto”, prevede interventi programmati, che, per il loro carattere tecnico, saranno riservati a docenti universitari o a esperti della materia. Gli interventi avranno ad oggetto argomenti quali: la politica ambientale, la politica industriale, la riduzione dei gas a effetto serra, l’informazione ambientale, l’AIA, la VIS, le emissioni industriali, l’inquinamento atmosferico, ecc. Alla sessione pomeridiana, presieduta dalla Prof.ssa Angela Musumeci, Ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Teramo, parteciperà l’On Aldo Patriciello, membro della Commissione Industria del Parlamento europeo. Il Convegno è organizzato dall’Università degli Studi di Teramo in collaborazione con Europe Direct di Teramo, WWF, Coordinamento Nazionale No Triv e con il contributo di Legambiente, Comitato Abruzzese per la Difesa dei Beni Comuni e Banca dell’Adriatico.